Nel cuore della Settimana Santa, il Venerdì Santo si distingue per la sua intensa sobrietà. È una liturgia spoglia, essenziale, come sottolineato da S.E. Mons. Claudio Maniago nella sua profonda omelia. Non vi è il suono solenne dell’organo, le parole sono poche, i segni ridotti all’essenziale. Eppure, proprio in questo silenzio, in questa essenzialità, risuona con forza il mistero dell’amore più grande: la passione e la morte di Gesù.
Mons. Maniago invita i fedeli a una contemplazione più profonda, a far parlare non tanto la voce, quanto gli occhi e il cuore. Il Vangelo della Passione secondo Giovanni, proclamato per intero, diventa centro di ascolto e meditazione. Non servono altre parole. L’altare, spoglio, attende di essere adornato solo con la Croce, che troneggia come simbolo di un amore senza misura.
L’omelia ruota attorno a una domanda fondamentale: “Perché?”. Perché Dio si è fatto uomo? Perché Gesù ha accettato la condanna, la croce, l’umiliazione? La risposta – semplice eppure profondissima – è racchiusa nella certezza che Gesù ha scelto la via del dolore per amore nostro. Un amore puro, disinteressato, opposto all’egoismo umano. Un amore che si manifesta pienamente nelle braccia aperte sulla croce, in quell’abbraccio che accoglie tutta l’umanità, senza escludere nessuno.
La croce, dunque, non è un segno di sconfitta ma fonte di speranza. Da essa scaturisce il perdono, una grazia che si rende concreta nei sacramenti, specialmente nella confessione e nell’Eucaristia. Mons. Maniago ricorda che in quel gesto dell’Agnello di Dio, pronunciato durante la Messa, torna vivo davanti ai nostri occhi il Crocifisso, che ancora oggi ci abbraccia.
E se Dio ci ama così, allora nessuna difficoltà è insormontabile. Anche nei momenti di crisi personale, familiare o sociale, la speranza non delude, perché si fonda sull’amore eterno di Dio. Contemplare Gesù morto, dice Mons. Maniago, non è celebrare una fine, ma l’inizio di una nuova vita, di un cammino di salvezza e di speranza che non viene mai meno.
Questa omelia si fa così eco del silenzio del Venerdì Santo: un silenzio che parla, che interroga, che consola. Un silenzio abitato da un amore che salva.