L’esperienza sinodale: un cammino dinamico per riscoprirci comunità viva

Alla fine del secondo anno del Cammino Sinodale, un anno in cui i Cantieri sono stati il nostro percorso di lavoro, siamo ancora più radicati nella consapevolezza che la “sinodalità” non è una teoria o un principio astratto, ma si incarna in un’esperienza concreta: la nostra.

L’essere entrati in un percorso dinamico, imprevedibile, di ascolto e condivisione ci ha immersi in un atteggiamento di nuova accoglienza e apertura, rendendoci un po’ più liberi da giudizi e pregiudizi.

Un’immagine ci viene in aiuto per esprimere questa esperienza: quella che ci ha accompagnati nel nostro primo incontro diocesano. Si tratta della fotografia in bianco e nero di un operaio che va al lavoro con in spalla la “truscia”, il fagotto con il poco cibo necessario per arrivare a sera. La ricordate?

Questa immagine esprime bene l’atteggiamento di chi si incammina in una nuova giornata di lavoro con l’essenziale. L’operaio non è solo: sono in due, su una strada tracciata da un binario. Così ci sentivamo anche noi!

Cosa c’era nella nostra truscia? C’erano le parole che le persone ci avevano affidato, i loro racconti, le esperienze ascoltate nell’anno precedente di lavoro nella commissione sinodale e negli incontri di consultazione. C’era la certezza che lo Spirito fosse all’opera nella nostra Chiesa e il costante incoraggiamento del nostro Vescovo.

Così siamo partiti con i Cantieri.

Subito, una sorpresa: il Cantiere delle Tradizioni, che la nostra Diocesi ha scelto di aprire, oltre ai tre suggeriti dalla CEI.

Se c’era un ambito che avremmo scartato, era proprio quello delle tradizioni popolari! Nel nostro pensiero, questo settore era legato a ritualità ormai anacronistiche e poco alimentate dal senso più profondo della fede. E invece, si è rivelato il cantiere più amato e operoso!

Come emerge dalla sintesi diocesana, “la nostra realtà ecclesiale è fortemente connotata dalla pietà popolare”, nella quale “si riconosce l’aspetto più genuino della fede, quello del popolo”.

Questo cantiere ci ha restituito la consapevolezza del ruolo aggregativo e sociale della Chiesa, un ruolo indispensabile per contrastare l’isolamento e la mancanza di identità comunitaria. E pensare che lo avremmo scartato!

Abbiamo avuto conferma che la Fraternità continua a essere un “motore trainante per la vita delle comunità” (cfr. sintesi diocesana). Certo, c’è ancora tanto da lavorare in un cantiere che spesso è un nervo scoperto, dove emergono tensioni e contraddizioni, ma anche la bellezza del sensum fidei, custodito con semplicità dalla gente e dalle famiglie.

La seconda esperienza che vogliamo raccontarvi è rappresentata da un’altra immagine: quella della “nuvola” di parole proiettata in tempo reale durante il nostro ultimo incontro sinodale diocesano. Una piccola magia resa possibile dalla tecnologia, che ha permesso a tutti i presenti di comunicare la propria esperienza sinodale riassumendola in una sola parola inviata con il cellulare.

Ne è nata una nuvola di parole, tutte significative. Alcune, le più ricorrenti, erano centrali e scritte in caratteri grandi: Ascolto, Condivisione, Accoglienza, Comunione, Incontro, Speranza. Alcune parole negative, come Scontato, Banale, Di facciata, hanno rivelato la fatica del nuovo che vuole emergere nonostante la diffidenza.

La cosa straordinaria per noi è stata scoprire che tutte quelle parole svelavano la vera natura di ciò che avevamo vissuto nella commissione diocesana, nella pastorale familiare, in parrocchia, nella nostra vita quotidiana. La certezza che la nostra esperienza, anche la più intima e personale, fosse condivisa ci ha fatto sentire “a casa”, in famiglia. Ci ha rigenerati nella dimensione comunitaria. E ve ne siamo grati.

Così come all’inizio dell’avventura sinodale avevamo innalzato il cartello work in progress, ancora oggi, con entusiasmo e convinzione, siamo pronti a continuare lungo le strade che il Signore vorrà farci percorrere. Perché non basta stare insieme per essere Chiesa: c’è bisogno di camminare insieme, con pazienza e rispetto per la diversità dell’altro (cfr. Sintesi diocesana).

Grazie a tutti voi, nostri preziosi compagni di viaggio.

I coniugi Mariarita e Giuseppe Leone