La Naca, termine che deriva dalla parola greca “nèkyia,” che significa culla o “vello” della culla, è una tradizione religiosa profondamente radicata nella città di Catanzaro.
La scelta di chiamarla così non discende certamente da un mero vezzo lessicale, ma, al contrario, racchiude in sé tutta la spiritualità e l’essenza della Naca.
Questa tutto è fuorché una rappresentazione teatrale, storica, o rievocativa della Passione di Nostro Signore!
La processione penitenziale (la Naca) del Venerdì Santo a Catanzaro
La Naca è una “processione penitenziale” fatta dalle Confraternite cittadine, che portano per le vie del centro la croce, per l’appunto, “penitenziale”, volendo “ricordare” il cammino doloroso fatto duemila anni fa dal Cristo.
La Naca catanzarese è “diversa” da quasi tutte le altre processioni del Venerdi Santo che si svolgono un po’ in tutto il Meridione. E la “diversità” nasce già, anzi direi “soprattutto” nel nome: le altre si chiamano spesso “Via Crucis” oppure contengono la parola “Vara” o “Varia” dal termine italiano, di derivazione latina, “Bara” (la corruzione della “B” in “V” è un tratto distintivo di molti dialetti meridionali).
La processione della Naca risale almeno al XVI secolo
Secondo le testimonianze di Francesco Frangipane, la processione della Naca risale almeno al XVI secolo, con una storia che si snoda attraverso i secoli, mantenendo intatta la sua autenticità.
Nel Seicento, ben tredici Confraternite partecipavano a questa solenne processione, ognuna dedicata a un aspetto specifico della fede. Poi, nel 1937, Monsignor Fiorentini unificò i vari cortei delle confraternite in una singola processione che si svolgeva ogni venerdì pomeriggio. Oggi, quattro Confraternite – S. Giovanni, Immacolata, Rosario, Carmine – portano avanti questa millenaria tradizione.
La specificità della Naca risiede nel suo carattere penitenziale e nella sua distinzione dalla rappresentazione della Passione di Gesù. Mentre altre processioni riproducono gli eventi salienti della vita di Cristo, la Naca si concentra sulla penitenza, un atto di umiltà e contrizione. I confratelli, in origine tanti quanti i giorni della Settimana Santa, visitavano “i sepolcri,” gli altari della reposizione, in silenzio e incappucciati per preservare l’anonimato.
Durante la processione il silenzio regna pressoché assoluto al passaggio del corteo, in mezzo a svariate migliaia di persone, creando uno straordinario isolamento interiore. Sfido chiunque affermi che, nel momento in cui passa la Naca, non va col pensiero ai propri peccati, ai propri problemi, alle proprie debolezze. Il defunto, appena giustiziato mediante crocifissione, sta portando via verso il sepolcro i nostri peccati dopo esserseli caricati tutti! In quel momento su quella culla, idealmente, si depositano come nel bidone dell’immondizia, i propri errori e gli affanni del proprio animo, affinché vengano portati lontano per essere sepolti e dimenticati.
I due simulacri della Passione
La processione comprende due simulacri della Passione: la statua del Cristo morto nella Naca e quella dell’Addolorata. Questi simboli, portati in corteo dagli incappucciati, rappresentano un momento di profonda devozione in cui i partecipanti manifestano la propria contrizione. Battendosi il dorso con funicelle piene di nodi (pratica oggi non più in uso), i confratelli simboleggiano il peso dei propri peccati.
Un aspetto cruciale è la natura sobria della Naca: tradizione antica vorrebbe nessuno indossasse abiti simili a quelli di Gesù o dei Romani, e non sono ammesse frustate o altri atti spettacolarizzati. La croce è portata da un confratello a nome di tutti, mentre le lance rappresentano le spade che trafissero il cuore di Maria, non armi militari romane.
Purtroppo, negli anni ’60 e ’70, l’avvento della televisione e delle riprese video ha portato alcuni a distorcere la Naca, assimilandola a una comune Via Crucis. È imperativo preservare la genuina tradizione e respingere influenze che minacciano la sua autenticità.
Quest’anno l’uscita dalla Chiesa del Rosario
Quest’anno, la processione esce dalla Chiesa del Rosario, con due croci significative: la nera dei Rosarianti e la bianca della Corporazione del Sangue di Cristo. Quest’ultima, originariamente associata all’arte della seta e aristocratica, ha una storia che risale al 1569, ma dopo il terremoto del 1783, si trasferì alla Chiesa del Rosario, fondendosi con i Rosarianti.
La Naca di Catanzaro continua a essere una manifestazione unica di fede e penitenza, radicata nella storia della città e meritatamente custodita dalle Confraternite che ne portano avanti la tradizione. Preservare e valorizzare questa autentica espressione religiosa è essenziale per mantenere viva l’identità di Catanzaro nel contesto delle sfide moderne.
di Francesco Vallone