Pubblichiamo di seguito la riflessione sulle sfide educative di don Roberto Corapi, direttore della Pastorale Universitaria dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace:
L’urgenza di riflettere sulle sfide educative, anche in base alla pastorale che mando avanti con i giovani universitari, appare chiara, se si consideri quanto risulti oggi più che mai ardua la trasmissione ai nostri ragazzi e giovani di ciò che per noi veramente conta nella vita.
Viviamo un cambiamento d’epoca
È come se la distanza fra le generazioni si fosse accresciuta, sia per l’accelerazione dei cambiamenti in atto, sia per le novità dei linguaggi che il mondo della rete ci va imponendo. Oggi viviamo davvero un cambiamento d’epoca, che non ci deve mettere paura, anzi deve suscitare in noi quella sana inquietudine per vivere questa grande sfida educativa.
Mi accorgo sempre di più, accompagnando i giovani universitari in questa fase bella della loro vita intellettuale, come di fronte a questa urgenza la prima e decisiva condizione del processo educativo riguardi proprio l’uso del tempo: occorre avere tempo per l’altro e dargli tempo, accompagnandolo nella durata con fedeltà, vivendo con perseveranza la gratuità del dono del proprio tempo.
Oggi si parla di “banca del tempo“ per dire quanto è prezioso il mettere a disposizione degli altri gratuitamente anche solo qualche ora della nostra settimana. L’impegno educativo esige un’immensa disponibilità a spendere le risorse di questa banca: chi ha fretta o non è pronto ad ascoltare, ad accompagnare pazientemente il cammino altrui, non sarà mai un educatore.
Il dono del tempo è il segno più credibile
Come in ogni rapporto basato sull’amore, anche nel rapporto educativo il dono del tempo è il segno più credibile del proprio coinvolgimento al servizio del bene dell’altro.
Carissimi viviamo una sfida educativa , ma questa sfida si supera se noi davvero ci poniamo accanto all’altro. Affermava Romano Guardini “che solo la vita accende la vita”, ed è perciò che solo nell’arco di fiamma del rapporto tra le persone in gioco, il cammino dell’educazione può realizzarsi. Allora è questo il momento per metterci in gioco, accompagnando l’altro, accogliendo l’altro, mettendoci in ascolto dell’altro.
Concludo affermando che, per essere buoni educatori bisogna dare amore, ricordandosi sempre dell’amore ricevuto e accettando di lasciarsi continuamente educare all’amore perché chi sa accogliere, sa anche donare.