Il Convegno dell’Ufficio Catechistico Nazionale, tenutosi a Scalea (CS) dal 15 al 17 giugno 2023, è stato un momento intenso di discernimento comunitario e di sinodalità e allo stesso tempo una riflessione profonda, dopo la crisi pandemica; il convegno si è proposto di dare centralità all’annuncio del Kerygma nella catechesi italiana e di farlo attraverso un’azione corale, segnata dalla reciprocità, affinché tutti i membri della comunità possano confrontarsi con il Mistero della Pasqua di Cristo. Questo processo di rinnovamento richiede, innanzitutto, di considerare che le attese del Regno di Dio, edificato definitivamente in Cristo, superano di gran lunga le esigenze delle attività parrocchiali; porsi davanti all’annuncio del Vangelo e assumerne la responsabilità significa accogliere e offrire un orizzonte più ampio d’interpretazione dell’esistenza: quello dell’amore oblativo del crocifisso-risorto. Tutto ciò però deve confrontarsi con un atteggiamento pregiudizievole nei confronti del cristianesimo che ne deforma il suo volto più autentico; da una parte la cultura contemporanea ha dichiarato la fede cristiana una credenza soggettiva, dall’altra la Chiesa viene rappresentata come una realtà del passato preoccupata di difendere la propria posizione. Ripartire dal Kerygma non è una semplice provocazione ma la sfida più appropriata per il nostro tempo che a partire dalla Pasqua di Gesù impegna i credenti a custodire la vita dell’uomo, creato a immagine e somiglianza del Suo Creatore, e a costruire relazioni fondate sulla carità, giacché la relazionalità è la natura intima di Dio e della vita umana. L’annuncio della novità Cristiana – la Paternità di Dio, che è il cuore del Nuovo Testamento iniziata con Gesù, il Figlio coeterno con il Padre, che proclama il regno di Dio non solo con la sua predicazione ma in maniera speciale con la Sua morte e resurrezione – continua nella comunità dei credenti che proseguono nel mondo l’opera iniziata da Cristo. Nel secondo capitolo dell’Evangelii gaudium, Papa Francesco ricorda a ciascun battezzato la propria responsabilità dentro la comunità: annunciare il Vangelo non semplicemente soffermandosi sulla sola dottrina ma dando la propria testimonianza cristiana con la stessa vita (Cfr. EG, 160 – 162).
Quale novità
La passione, morte e resurrezione di Cristo è un l’unico avvenimento della salvezza che non può essere relegato nel passato ma impegna la Chiesa a farne continuamente memoria; un’esperienza viva che continua ad avvenire all’interno della comunità cristiana e che, attraverso l’azione vivificante dello Spirito Santo, inserisce i credenti nell’unico corpo di Cristo. L’annuncio del Kerygma, dunque, permette ai credenti di essere introdotti nella vita di Cristo e di vivere un’esperienza unica e irripetibile su cui fondare la propria vita. La fede è l’esperienza della vita di Dio che nasce dall’incontro con il crocifisso–risorto e che richiede una relazione esistenziale con Gesù Cristo; pertanto è necessario avviare una catechesi intesa come testimonianza del crocefisso–risorto, in cui il compito da assolvere è quello di condividere la propria esperienza del Signore Gesù. Un ruolo decisivo è svolto dalla comunità che, seppur tra tante fragilità e difficoltà, deve guidare i credenti a riconoscere che Gesù è il Figlio di Dio, la ragione ultima della Creazione e la meta del nostro cammino. Per questo nella catechesi, intesa come un percorso verso la conoscenza di Gesù Cristo, sarà necessario dare sempre di più centralità alla Parola di Dio e alla vita spirituale sia dei catechisti che dei destinatari dell’annuncio; non è più necessario preoccuparsi di cosa fare ma di interpretare la quotidianità come il luogo in cui avviene l’incontro tra l’uomo e Dio. L’annuncio e la catechesi richiedono di superare ogni superficialità per impegnarsi in una lettura attenta della realtà, mettendo da parte i propri pregiudizi, affinché si possano intercettare le possibilità che il dirsi e il darsi di Dio, in Cristo, siano udibili e credibili nella contemporaneità; questo sarà possibile nella misura in cui si assume lo stile del dialogo, dell’accoglienza e della relazionalità.
L’azione evangelizzatrice della comunità
La catechesi è l’elemento costitutivo dell’azione ecclesiale e ogni comunità cristiana è chiamata ad essere il luogo dell’incontro con Cristo; la narrazione della fede richiede di percorre cammini di comunione e di impegnarsi in un lavoro di equipe per poter affrontare le tante difficoltà che si vanno presentando nella post-modernità. Il cambiamento epocale in corso fa emergere la necessità, per la comunità dei credenti, di superare qualsiasi forma di irrigidimento e la tentazione di rimanere ancorati al passato; intercettare e prendersi cura della sete di Dio, che abita da sempre nel cuore dell’uomo, richiede un nuovo confronto vitale con la Scrittura e la preoccupazione di avviare un cammino di fede che si caratterizza per la sua dimensione comunitaria e per la cura delle relazioni; si tratta di narrare il Vangelo e di generare lo stupore di sapersi cercati e amati da Dio in Cristo Gesù. La catechesi è sempre l’eco della Parola di Dio e la scelta kerygmatica ci consente di andare al cuore stesso dell’annuncio, che è un messaggio di grazia e di gioia, per cogliere l’appello che il Vangelo rivolge alla nostra libertà. La pienezza della vita cristiana richiede di riconoscere che il Vangelo non può essere ridotto ad un precetto dottrinale o a un insegnamento moralista; interpretare il contesto culturale secondo il paradigma delle Beatitudini ci fa entrare nel mistero della vita con un passo diverso e scegliere le vie più appropriate affinché il fuoco ardente dell’incontro con Dio, in Cristo, possa diventare orientativo del mistero dell’esistenza. Il rinnovamento della catechesi, dunque, non consiste nel cambiamento di strategie ma nella forza della testimonianza che è chiamata a mostrare la grandezza della fede.
La catechesi kerygmatica
L’annuncio e la catechesi richiedono di fissare l’attenzione sull’essenziale della fede e di avere la piena consapevolezza che il Regno di Dio potrebbe andare avanti e diffondersi a prescindere da noi ma il Padre, nella sua eterna benevolenza, si serve della nostra mediazione per giungere ad ogni donna e uomo che abita la terra. Il modello kerygmatico richiede il passaggio da una catechesi di carattere espositivo dei contenuti della fede ad annuncio esperienziale che permette di avviare un processo trasformativo della vita. La nuova consapevolezza che caratterizza e accompagna l’annuncio e la catechesi è che occorre rigenerare la narrazione della fede in modo che questa si offra come risposta di senso alle domande di fondo che interpellano i credenti. Il Kerygma è dono da condividere e orizzonte esistenziale; i criteri su cui si fonda sono: la relazionalità, intesa come accompagnamento empatico, il rapporto con la Scrittura, che rappresenta il centro da cui ripartire continuamente, la dimensione spirituale, che si esplicita nella necessità di promuovere tempi da dedicare alla preghiera personale e liturgica. Quanto fin qui detto ci fa comprendere che non si tratta di una catechesi generalizzata, ma richiede un ascolto attento della realtà e una lettura attenta dei contesti esistenziali per promuovere dei percorsi personalizzati in cui è necessario coinvolgere le famiglie. La catechesi kerygmatica esige, inoltre, uno spirito di servizio, una formazione costante e la disponibilità a non rimanere chiusi e ancorati alle proprie conoscenze fin ora acquisite.
don Ferdinando Fodaro
vice direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano