Se ricordiamo, il Vangelo di domenica scorsa mostrava, il Padre, che, sulla porta di casa, attende ansiosamente da tempo, il figlio, che ha sperperato ogni dono ricevuto; appena lo intravede il padre “gli corre incontro commosso, gettandogli le braccia al collo” e invita “a fare festa”, perché “il figlio che era morto è tornato in vita”.
Questo per spiegare l’infinita misericordia di Dio verso di noi, nonostante la nostra indifferenza, la nostra superficialità o addirittura la nostra cattiveria.
Tutta la vita di Gesù, compresa la Passione e la Morte, è stata sempre una risposta della misericordia del Padre, all’immenso amore che Lui ha per noi.
Il cuore di Dio e il nostro cuore
È davvero grande il Cuore di Dio!
Nulla a che fare con il nostro cuore, che ha sete di amore, di perdono, di comprensione, ma poi si rivela di una meschinità incredibile di fronte alle debolezze altrui.
Quando qualcuno, per debolezza, sbaglia, non abbiamo nessuna pietà nella condanna, come ci evidenzia il fatto narrato nel Vangelo di oggi.
Al centro della scena Gesù. Guarda entrambi: coloro che seppelliscono nella disistima ed emarginano chi sbaglia, come fosse morto, e li richiama alla verità: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra contro di lei”, alla donna, vittima della sua stessa debolezza, Gesù fa conoscere la bellezza della resurrezione, ossia del ritorno alla vita, attraverso la grande Misericordia del Padre: “Neanch’io ti condanno: va’ e d’ora in avanti non peccare più”.
E ricordiamocelo sempre: quando uno sbaglia, cade, non implora dita puntate e disistima, ma mani che lo aiutino a rialzarsi, come nel sacramento della Riconciliazione, che ha bisogno di essere più considerato e frequentato.
Davanti a noi, che ci sentiamo forse avviliti dai nostri peccati, non c’è mai un giudice impietoso, come vorrebbero gli scribi e i farisei del nostro tempo, sempre pronti a condannare e mai a risuscitare.
Il nostro Dio non si lascia condizionare da chi punta il dito, ma ascolta e scrive per terra, attendendo, per poi meravigliosamente dire: “Va’ in pace e non peccare più!”, facendoci tornare a vivere … come è stato per la donna adultera.
V domenica di Quaresima : “Neanch’io ti condanno”
Se ricordiamo, il Vangelo di domenica scorsa mostrava, il Padre, che, sulla porta di casa, attende ansiosamente da tempo, il figlio, che ha sperperato ogni dono ricevuto; appena lo intravede il padre “gli corre incontro commosso, gettandogli le braccia al collo” e invita “a fare festa”, perché “il figlio che era morto è tornato in vita”.
Questo per spiegare l’infinita misericordia di Dio verso di noi, nonostante la nostra indifferenza, la nostra superficialità o addirittura la nostra cattiveria.
Tutta la vita di Gesù, compresa la Passione e la Morte, è stata sempre una risposta della misericordia del Padre, all’immenso amore che Lui ha per noi.
Il cuore di Dio e il nostro cuore
È davvero grande il Cuore di Dio!
Nulla a che fare con il nostro cuore, che ha sete di amore, di perdono, di comprensione, ma poi si rivela di una meschinità incredibile di fronte alle debolezze altrui.
Quando qualcuno, per debolezza, sbaglia, non abbiamo nessuna pietà nella condanna, come ci evidenzia il fatto narrato nel Vangelo di oggi.
Al centro della scena Gesù. Guarda entrambi: coloro che seppelliscono nella disistima ed emarginano chi sbaglia, come fosse morto, e li richiama alla verità: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra contro di lei”, alla donna, vittima della sua stessa debolezza, Gesù fa conoscere la bellezza della resurrezione, ossia del ritorno alla vita, attraverso la grande Misericordia del Padre: “Neanch’io ti condanno: va’ e d’ora in avanti non peccare più”.
E ricordiamocelo sempre: quando uno sbaglia, cade, non implora dita puntate e disistima, ma mani che lo aiutino a rialzarsi, come nel sacramento della Riconciliazione, che ha bisogno di essere più considerato e frequentato.
Davanti a noi, che ci sentiamo forse avviliti dai nostri peccati, non c’è mai un giudice impietoso, come vorrebbero gli scribi e i farisei del nostro tempo, sempre pronti a condannare e mai a risuscitare.
Il nostro Dio non si lascia condizionare da chi punta il dito, ma ascolta e scrive per terra, attendendo, per poi meravigliosamente dire: “Va’ in pace e non peccare più!”, facendoci tornare a vivere … come è stato per la donna adultera.
Diacono Francesco Severino
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