Carissimi Fratelli,
inizia oggi, con la solenne imposizione delle Ceneri, il cammino della Quaresima, un cammino che ci porterà fin nel cuore della Notte Pasquale, in quella Santa Veglia in cui tutto si rinnoverà, accenderemo il fuoco nuovo e la nuova Luce, verremo aspersi dall’acqua e rinnoveremo le promesse battesimali. Tutto rinascerà: abbandoneremo l’uomo vecchio con le sue azioni e ci rivestiremo del nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato (cfr. Col 3.9-10).
Il senso della Quaresima come tempo di preparazione
Il tempo di Quaresima è nato proprio come tempo di preparazione a quest’evento di grazia, autenticamente sacramentale, che è la celebrazione della Pasqua. I nostri sforzi, la nostra ascesi non sono in condizione di santificarci, ciò potrà avvenire solo dall’incontro col Cristo Risorto, ma a quest’incontro dobbiamo arrivare pronti e consapevoli. Il compito della preparazione quaresimale è quindi soprattutto quello di farci prendere coscienza di tutto ciò che in noi richiede guarigione. Siamo esseri feriti dal peccato, siamo affetti da varie malattie spirituali e dobbiamo implorare la guarigione con la stessa fede del cieco di Gerico e di tutti i malati che supplicavano Gesù.
La consapevolezza della nostra condizione
Qual è la qualità fondamentale che bisogna avere per poter guarire? È quello di riconoscere di essere malati. Se non sappiamo riconoscere questa nostra condizione, non potremo mai essere guariti, perché non andremo mai dal medico e non gli chiederemo mai una cura.
La differenza tra “ricordati” e “riconosci”
Nel rito di imposizione delle ceneri, che riceveremo tra poco, c’è una piccola differenza tra la formula romana e quella certosina: mentre nel messale romano si legge “ricordati che sei polvere”, noi diciamo “riconosci che sei polvere”. Senza voler enfatizzare questa differenza, tuttavia non possiamo fare a meno di notare quanto è importante nella nostra vita di solitari alla ricerca di Dio il verbo “riconoscere” che qui non ha il significato di confessare o di accusarsi delle colpe, come faremo domenica prossima. Il senso della parola “riconosci” nel rito delle ceneri rimanda proprio a quel prendere coscienza del proprio male per poter esserne guariti.
Riconosci che sei polvere, riconosci che sei malato, riconosci che hai bisogno di aiuto, riconosci che quel male che ti porti dentro può essere d’inciampo a te e agli altri; riconosci che la guarigione e la crescita della comunità dipende soprattutto dalla tua guarigione.
Tutto questo ci viene detto con l’imposizione delle ceneri; la disponibilità con cui inizieremo questa nuova presa di coscienza accompagnerà il nostro cammino quaresimale e i frutti che ne deriveranno. Si tratta dunque di un cammino autenticamente contemplativo, in quanto realizza una vera e propria apertura degli occhi, su di noi e sulla nostra realtà, ma anche un cammino che ci mette di condizione di vivere un’autentica conversione.
Il cammino di conversione
Si tratta infatti di dare il vero significato all’espressione “accettare il proprio limite” cosa vuol dire “accettare il proprio limite” se non accettare il fatto di essere bisognosi di guarigione? Oggi spesso si attribuisce un senso opportunistico a quest’espressione e intendiamo “accettare il proprio limite” come “io sono fatto così e non ci posso fare niente”, ma questa non è accettazione del limite, anzi è tutto il contrario: è imporre agli altri i propri difetti senza neppure desiderare di guarirne. Accettare il proprio limite è “riconoscere” che siamo polvere, riconoscere i nostri difetti come tali, cioè come dei limiti che la grazia del Signore può aiutarci a superare, se sapremo accoglierla con umiltà.
Cominciando nel rito di oggi a riconoscere i nostri limiti, veniamo ricondotti all’origine stessa di ogni male: il peccato originale, che è sostanzialmente un atto di superbia e di autosufficienza, un non saper riconoscere la nostra reale condizione di creature. Per questo la Chiesa ci propone ogni anno, nel tempo di Quaresima, di riconoscere che l’antica colpa è ancora presente in noi e inquina i nostri rapporti con Dio e con i fratelli, e di conseguenza ci viene proposto un cammino di conversione del cuore.
In che cosa consiste questo cammino di conversione? Ciascuno si interrogherà e si esaminerà per scoprire quali sono i suoi principali difetti da guarire. Ma fondamentalmente per ciascuno di noi la radice di ogni male consiste sempre in quella presunzione di non aver bisogno di aiuto, di essere nel giusto, che tutto può continuare in questo modo. Ma non è assolutamente così: la vera conversione consiste invece nel superare questo atteggiamento di vera e propria superbia, attraverso l’obbedienza e l’umiltà, talvolta anche perfino attraverso l’umiliazione che ci proviene da tante situazioni di contrarietà.
L’obbedienza di Cristo come modello
Forse può sembrare un cammino troppo esigente o fuori dalla nostra portata? Niente affatto, si tratta proprio di ciò che dicevamo all’inizio: andare verso il mistero pasquale per incontrare il Cristo risorto. Ed il cammino lui l’ha già tracciato per noi: facendosi obbediente al nostro posto, obbediente fino alla morte, crocifisso dalla contraddizione, lacerato nel suo corpo e nella sua anima, per insegnarci che non dobbiamo mai presumerci giusti, infatti è solo il suo sangue che giustifica. L’obbedienza di Cristo, la sua sottomissione alla volontà del Padre, sono l’essenza stessa della sua Pasqua e dovranno esserlo anche della nostra.
Durante questa Quaresima sforziamoci dunque di diventare un po’ più umili, meno attaccati alla nostra propria volontà, ai nostri giudizi, a nostro amor proprio; più liberi anche dall’idea che ci siamo fatti della santità, infatti ogni idea di santità che ci separa dalla comunione è un inganno del demonio. Percorrendo questa strada, all’inizio forse si avrà l’impressione di perdere ogni appoggio, ma poi scopriremo che si tratta di un cammino di libertà. Se la superbia e l’amor proprio portano all’angoscia e alla paura, paura di perdere ciò che si ha, l’obbedienza e l’umiltà portano alla gioia di chi finalmente si è liberato da ogni preoccupazione e vive nella verità e nella semplicità.
Gli strumenti per il cammino quaresimale
La Chiesa, da buona educatrice, ci da anche gli strumenti per affrontare questo cammino quaresimale: innanzitutto la preghiera, interroghiamoci sulla nostra fedeltà ai tempi e ai modi della preghiera, sulla vigilanza e la generosità di questo incontro quotidiano col Signore, sul nostro affidamento a Maria in quanto maestra di ascolto e di lode.
L’altro strumento è il digiuno che chiamerei meglio rinuncia, perché non deve riguardare solo il cibo. Rinuncia a tutto ciò che è superfluo e che ingombra il nostro cuore, che deve essere libero per Dio, rinuncia a considerare indispensabile ogni cosa che ci piace, rinuncia a chiedere sempre qualcosa di speciale in nome di chissà quale esigenza.
Il terzo strumento è la carità. Ricordiamoci che, se un primo livello dell’amore fraterno è saper riconoscere ciò che fa piacere all’altro e quindi farglielo avere, un livello più maturo è invece saper riconoscere ciò che fa soffrire l’altro e farglielo evitare. Quante volte, presi da agitate sollecitudini di gesti di carità ci dimentichiamo che l’altro vuole solo essere rispettato e ascoltato. È in questo senso che i nostri Statuti definiscono come primo gesto di carità verso il fratello il rispetto del suo silenzio.
Con questi strumenti che ci faranno da lanterne e da bastoni per camminare speditamente, saliremo con Cristo fino al Getsemani e al Calvario per vivere poi con lui quella notte che ci avvolgerà di luce nuova. Tutto ciò che vivremo in questi quaranta giorni sarà un costante movimento per arrivare a scoprire e a riconoscere che è solo attraverso la misericordia che Dio rinnoverà l’uomo.
La misericordia di Dio come via alla libertà
Dio ci ha creati per bontà, adesso ci salva per misericordia, perché non permetterà che si perda ciò che ha amato fin dal principio e che continuerà ad amare fino alla fine. Se il giogo pesante della nostra superbia e della nostra paura ancora ci dovesse pesare, la misericordia di Dio saprà spezzarlo perché niente potrà resisterle.
Lasciamoci dunque guidare dalla Parola di Gesù, lasciamo aperto il nostro cuore per accogliere la misericordia di Dio e trasmetterla ai fratelli. E la Pasqua del Signore sarà anche la nostra Pasqua. Amen.
Mercoledì delle Ceneri: “Riconosci che sei polvere”
Carissimi Fratelli,
inizia oggi, con la solenne imposizione delle Ceneri, il cammino della Quaresima, un cammino che ci porterà fin nel cuore della Notte Pasquale, in quella Santa Veglia in cui tutto si rinnoverà, accenderemo il fuoco nuovo e la nuova Luce, verremo aspersi dall’acqua e rinnoveremo le promesse battesimali. Tutto rinascerà: abbandoneremo l’uomo vecchio con le sue azioni e ci rivestiremo del nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato (cfr. Col 3.9-10).
Il senso della Quaresima come tempo di preparazione
Il tempo di Quaresima è nato proprio come tempo di preparazione a quest’evento di grazia, autenticamente sacramentale, che è la celebrazione della Pasqua. I nostri sforzi, la nostra ascesi non sono in condizione di santificarci, ciò potrà avvenire solo dall’incontro col Cristo Risorto, ma a quest’incontro dobbiamo arrivare pronti e consapevoli. Il compito della preparazione quaresimale è quindi soprattutto quello di farci prendere coscienza di tutto ciò che in noi richiede guarigione. Siamo esseri feriti dal peccato, siamo affetti da varie malattie spirituali e dobbiamo implorare la guarigione con la stessa fede del cieco di Gerico e di tutti i malati che supplicavano Gesù.
La consapevolezza della nostra condizione
Qual è la qualità fondamentale che bisogna avere per poter guarire? È quello di riconoscere di essere malati. Se non sappiamo riconoscere questa nostra condizione, non potremo mai essere guariti, perché non andremo mai dal medico e non gli chiederemo mai una cura.
La differenza tra “ricordati” e “riconosci”
Nel rito di imposizione delle ceneri, che riceveremo tra poco, c’è una piccola differenza tra la formula romana e quella certosina: mentre nel messale romano si legge “ricordati che sei polvere”, noi diciamo “riconosci che sei polvere”. Senza voler enfatizzare questa differenza, tuttavia non possiamo fare a meno di notare quanto è importante nella nostra vita di solitari alla ricerca di Dio il verbo “riconoscere” che qui non ha il significato di confessare o di accusarsi delle colpe, come faremo domenica prossima. Il senso della parola “riconosci” nel rito delle ceneri rimanda proprio a quel prendere coscienza del proprio male per poter esserne guariti.
Riconosci che sei polvere, riconosci che sei malato, riconosci che hai bisogno di aiuto, riconosci che quel male che ti porti dentro può essere d’inciampo a te e agli altri; riconosci che la guarigione e la crescita della comunità dipende soprattutto dalla tua guarigione.
Tutto questo ci viene detto con l’imposizione delle ceneri; la disponibilità con cui inizieremo questa nuova presa di coscienza accompagnerà il nostro cammino quaresimale e i frutti che ne deriveranno. Si tratta dunque di un cammino autenticamente contemplativo, in quanto realizza una vera e propria apertura degli occhi, su di noi e sulla nostra realtà, ma anche un cammino che ci mette di condizione di vivere un’autentica conversione.
Il cammino di conversione
Si tratta infatti di dare il vero significato all’espressione “accettare il proprio limite” cosa vuol dire “accettare il proprio limite” se non accettare il fatto di essere bisognosi di guarigione? Oggi spesso si attribuisce un senso opportunistico a quest’espressione e intendiamo “accettare il proprio limite” come “io sono fatto così e non ci posso fare niente”, ma questa non è accettazione del limite, anzi è tutto il contrario: è imporre agli altri i propri difetti senza neppure desiderare di guarirne. Accettare il proprio limite è “riconoscere” che siamo polvere, riconoscere i nostri difetti come tali, cioè come dei limiti che la grazia del Signore può aiutarci a superare, se sapremo accoglierla con umiltà.
Cominciando nel rito di oggi a riconoscere i nostri limiti, veniamo ricondotti all’origine stessa di ogni male: il peccato originale, che è sostanzialmente un atto di superbia e di autosufficienza, un non saper riconoscere la nostra reale condizione di creature. Per questo la Chiesa ci propone ogni anno, nel tempo di Quaresima, di riconoscere che l’antica colpa è ancora presente in noi e inquina i nostri rapporti con Dio e con i fratelli, e di conseguenza ci viene proposto un cammino di conversione del cuore.
In che cosa consiste questo cammino di conversione? Ciascuno si interrogherà e si esaminerà per scoprire quali sono i suoi principali difetti da guarire. Ma fondamentalmente per ciascuno di noi la radice di ogni male consiste sempre in quella presunzione di non aver bisogno di aiuto, di essere nel giusto, che tutto può continuare in questo modo. Ma non è assolutamente così: la vera conversione consiste invece nel superare questo atteggiamento di vera e propria superbia, attraverso l’obbedienza e l’umiltà, talvolta anche perfino attraverso l’umiliazione che ci proviene da tante situazioni di contrarietà.
L’obbedienza di Cristo come modello
Forse può sembrare un cammino troppo esigente o fuori dalla nostra portata? Niente affatto, si tratta proprio di ciò che dicevamo all’inizio: andare verso il mistero pasquale per incontrare il Cristo risorto. Ed il cammino lui l’ha già tracciato per noi: facendosi obbediente al nostro posto, obbediente fino alla morte, crocifisso dalla contraddizione, lacerato nel suo corpo e nella sua anima, per insegnarci che non dobbiamo mai presumerci giusti, infatti è solo il suo sangue che giustifica. L’obbedienza di Cristo, la sua sottomissione alla volontà del Padre, sono l’essenza stessa della sua Pasqua e dovranno esserlo anche della nostra.
Durante questa Quaresima sforziamoci dunque di diventare un po’ più umili, meno attaccati alla nostra propria volontà, ai nostri giudizi, a nostro amor proprio; più liberi anche dall’idea che ci siamo fatti della santità, infatti ogni idea di santità che ci separa dalla comunione è un inganno del demonio. Percorrendo questa strada, all’inizio forse si avrà l’impressione di perdere ogni appoggio, ma poi scopriremo che si tratta di un cammino di libertà. Se la superbia e l’amor proprio portano all’angoscia e alla paura, paura di perdere ciò che si ha, l’obbedienza e l’umiltà portano alla gioia di chi finalmente si è liberato da ogni preoccupazione e vive nella verità e nella semplicità.
Gli strumenti per il cammino quaresimale
La Chiesa, da buona educatrice, ci da anche gli strumenti per affrontare questo cammino quaresimale: innanzitutto la preghiera, interroghiamoci sulla nostra fedeltà ai tempi e ai modi della preghiera, sulla vigilanza e la generosità di questo incontro quotidiano col Signore, sul nostro affidamento a Maria in quanto maestra di ascolto e di lode.
L’altro strumento è il digiuno che chiamerei meglio rinuncia, perché non deve riguardare solo il cibo. Rinuncia a tutto ciò che è superfluo e che ingombra il nostro cuore, che deve essere libero per Dio, rinuncia a considerare indispensabile ogni cosa che ci piace, rinuncia a chiedere sempre qualcosa di speciale in nome di chissà quale esigenza.
Il terzo strumento è la carità. Ricordiamoci che, se un primo livello dell’amore fraterno è saper riconoscere ciò che fa piacere all’altro e quindi farglielo avere, un livello più maturo è invece saper riconoscere ciò che fa soffrire l’altro e farglielo evitare. Quante volte, presi da agitate sollecitudini di gesti di carità ci dimentichiamo che l’altro vuole solo essere rispettato e ascoltato. È in questo senso che i nostri Statuti definiscono come primo gesto di carità verso il fratello il rispetto del suo silenzio.
Con questi strumenti che ci faranno da lanterne e da bastoni per camminare speditamente, saliremo con Cristo fino al Getsemani e al Calvario per vivere poi con lui quella notte che ci avvolgerà di luce nuova. Tutto ciò che vivremo in questi quaranta giorni sarà un costante movimento per arrivare a scoprire e a riconoscere che è solo attraverso la misericordia che Dio rinnoverà l’uomo.
La misericordia di Dio come via alla libertà
Dio ci ha creati per bontà, adesso ci salva per misericordia, perché non permetterà che si perda ciò che ha amato fin dal principio e che continuerà ad amare fino alla fine. Se il giogo pesante della nostra superbia e della nostra paura ancora ci dovesse pesare, la misericordia di Dio saprà spezzarlo perché niente potrà resisterle.
Lasciamoci dunque guidare dalla Parola di Gesù, lasciamo aperto il nostro cuore per accogliere la misericordia di Dio e trasmetterla ai fratelli. E la Pasqua del Signore sarà anche la nostra Pasqua. Amen.
Un monaco certosino
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