“Fu crocifisso: perché?”
L’abitudine ci spinge a dare una risposta scontata: “per salvarci dai peccati”.
Gesù, però, non è morto solo per salvarci, ma ci ha salvati morendo perché ci ama di un amore così grande fino a rinunciare alla sua stessa vita.
In fondo amare significa un po’ “morire”, rinunciare a qualcosa di importante per riscoprire l’essenziale. Cristo ha rinunciato alla sua vita per far scoprire a ciascuno di noi che siamo essenziali, indispensabili, unici, irripetibili.
Infatti, i figli non sono mai solo importanti per i genitori, ma sono essenziali, perché è in loro che decidono di racchiudere una parte di essenza; così anche Dio, durante la creazione dell’umanità, in quel soffio, ha nascosto una parte della sua essenza, che è tutta amore incondizionato e ha deciso di mandare il suo unico figlio per farci ritornare a quella essenza e farci riscoprire il suo amore.
“Per chi?”
L’abitudine, anche qui, ci porta ad una risposta direi scontata: “per tutti”.
Anche se nella nostra mente, quel “per tutti” significa “per i più sfortunati, quelli a cui manca materialmente qualcosa”, ma non è così.
Cristo è morto per farci capire che l’amore è per tutti senza distinzione di estrazione e ruolo sociale, condizione economica, sesso, aspetto fisico, lingua, posizione geografica.
È morto per farci capire che il suo amore non prova vergogna per le nostre mancanze e non vuole farci sentire in colpa per quello che possediamo, perché il suo modo di amare non ha nulla a che vedere con l’avere, ma solo con l’essere: essere figli dello stesso Padre.
La croce sulla quale è morto non è simbolo di morte, ma di vita: un albero che ha radici tanto profonde da raggiungere chi è caduto in basso, un tronco slanciato verso l’alto per farci arrivare fino a Lui e rami abbastanza larghi da abbracciare il mondo intero.
Agli occhi di Dio abbiamo tutti bisogno di essere amati, allo stesso modo e nella stessa misura, indipendentemente da chi siamo e dagli sbagli che commettiamo. Agli occhi di Dio siamo, sempre, tutti figli bisognosi di amore.
Quindi, “amare” non significa “morire”, anzi il contrario: dare la possibilità di rinascere. Cristo è morto per questo, per darci la possibilità di farci sempre nuovi nel suo amore.
Un famoso poeta cileno, Pablo Neruda, scriveva così: “la nascita non è mai sicura come la morte. È per questo che nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno.”
Il Signore continua a darci, ogni giorno, la possibilità di rinascere, regalandoci infinite seconde possibilità, senza mai stancarsi di amarci così come siamo.
A tutti Santa e serena Domenica delle Palme.
Domenica delle Palme: “Fu croficisso: perché? Per chi?”
“Fu crocifisso: perché?”
L’abitudine ci spinge a dare una risposta scontata: “per salvarci dai peccati”.
Gesù, però, non è morto solo per salvarci, ma ci ha salvati morendo perché ci ama di un amore così grande fino a rinunciare alla sua stessa vita.
In fondo amare significa un po’ “morire”, rinunciare a qualcosa di importante per riscoprire l’essenziale. Cristo ha rinunciato alla sua vita per far scoprire a ciascuno di noi che siamo essenziali, indispensabili, unici, irripetibili.
Infatti, i figli non sono mai solo importanti per i genitori, ma sono essenziali, perché è in loro che decidono di racchiudere una parte di essenza; così anche Dio, durante la creazione dell’umanità, in quel soffio, ha nascosto una parte della sua essenza, che è tutta amore incondizionato e ha deciso di mandare il suo unico figlio per farci ritornare a quella essenza e farci riscoprire il suo amore.
“Per chi?”
L’abitudine, anche qui, ci porta ad una risposta direi scontata: “per tutti”.
Anche se nella nostra mente, quel “per tutti” significa “per i più sfortunati, quelli a cui manca materialmente qualcosa”, ma non è così.
Cristo è morto per farci capire che l’amore è per tutti senza distinzione di estrazione e ruolo sociale, condizione economica, sesso, aspetto fisico, lingua, posizione geografica.
È morto per farci capire che il suo amore non prova vergogna per le nostre mancanze e non vuole farci sentire in colpa per quello che possediamo, perché il suo modo di amare non ha nulla a che vedere con l’avere, ma solo con l’essere: essere figli dello stesso Padre.
La croce sulla quale è morto non è simbolo di morte, ma di vita: un albero che ha radici tanto profonde da raggiungere chi è caduto in basso, un tronco slanciato verso l’alto per farci arrivare fino a Lui e rami abbastanza larghi da abbracciare il mondo intero.
Agli occhi di Dio abbiamo tutti bisogno di essere amati, allo stesso modo e nella stessa misura, indipendentemente da chi siamo e dagli sbagli che commettiamo. Agli occhi di Dio siamo, sempre, tutti figli bisognosi di amore.
Quindi, “amare” non significa “morire”, anzi il contrario: dare la possibilità di rinascere. Cristo è morto per questo, per darci la possibilità di farci sempre nuovi nel suo amore.
Un famoso poeta cileno, Pablo Neruda, scriveva così: “la nascita non è mai sicura come la morte. È per questo che nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno.”
Il Signore continua a darci, ogni giorno, la possibilità di rinascere, regalandoci infinite seconde possibilità, senza mai stancarsi di amarci così come siamo.
A tutti Santa e serena Domenica delle Palme.
Don Orazio Galati
Vicario foraneo di Chiaravalle Centrale
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